13 Resoconto Scuola di Pamela Marelli

L’ARCHIVIO DELLE UTOPIE
di Pamela Marelli

La restituzione finale della scuola estiva dedicata a “Soggetti e oggetti dell’utopia: archivi dei sentimenti e culture pubbliche” vede un cerchio di donne raccontarsi a partire dal proprio oggetto dell’utopia: numerosi i libri, e poi anelli, mappe, tatuaggi, astucci di trucchi, flaconcini, quadretti, copertine ricamate, sassi dipinti, scarpine cinesi, fotografie, penne, taccuini. Cose materiali che raccontano sogni, speranze, dolore, punti di non ritorno, desideri, voglia di non mollare di fronte alla fagocitante e disorientante precarietà del presente.

E nel nostro archivio delle utopie, oltre agli oggetti, l’ultimo giorno infiliamo anche un arricchente confronto intra-generazionale sui femminismi degli ultimi quaranta anni, un emozionante discorso, tra lo storico ed il personale, intrecciante teorie e pratiche incentrate su genere, sesso, differenza sessuale, queer, politica.

Scuola Livorno

La scuola estiva svoltasi a Livorno l’ultima settimana di giugno, è stata organizzata dalla Rete toscana SIL, dal Giardino dei Ciliegi in intesa con l’Università di Firenze ed il contributo del Consiglio regionale della Toscana, dall’Associazione Centro Donna Evelina De Magistris con il patrocinio della Provincia e del Comune di Livorno, dall’Associazione Casa della donna di Pisa, dall’Associazione Open di Carrara, e con il patrocinio dell’Università di Sassari.
Ogni giorno numerose docenti sono state introdotte e coordinate dalle Acrobate -Elisa Coco, Pamela Marelli, Antonella Petricone, Alessia Rocco- e da Cristina Cerbone.

La spiaggia di Antignano ha accolto l’eco delle corpose riflessioni condotte da Paola Bora, Paola Zaccaria, Giovanna Covi, Valentina Musmeci, Kiki Franceschi, Liana Borghi, Elena Bougleux, Clotilde Barbarulli, Brunella Devoti, Anna Camaiti Hostert, Rossella Carbotti, Alessia Acquistapace, Rachele Borghi, Linda Bertelli, Letizia del Bubba, Marta Capuano, Paola Meneganti, Gertrud Schneider, Chiara de Marino, Rossana Mazzi, Renato Busarello, Bia Sarasini.

Si è parlato di trasformazioni e potere, scritture e linguaggio, rappresentazioni e contro immaginari, resistenza e visionarietà. Si son visti film, video, concerti. Ci si è confrontate a lungo sull’utopia, che non è un luogo irraggiungibile, ma una direzione verso cui andare. Una direzione nella quale vogliamo mettere la complessa materialità dei nostri corpi, non normati, dissidenti, porosi. La mappa del mondo che vogliamo contiene un posizionamento postcoloniale antirazzista, un atteggiamento critico verso le rappresentazioni somministrate da biopotere e tecnoscienza, un immaginario che prende spunto dal superamento di rigidi binarismi agito dalla galassia queer e postpornografica.

Nell’odierno contesto di crisi è più che mai necessario discutere di cambiamenti collettivi, di soggetti in rete, di senso del comune, di utopie come pratiche resistenziali.

Ci siamo soffermate sulle utopie delle donne di ieri, dal Frankestein di MaryShelley al cyborg, passando attraverso le comuni lesbiche separatiste, le impegnate fotografie di Tina Modotti e Gerda Taro e le sensuali architetture corporee di Niki da Saint Phalle. Abbiamo fatto un salto nel futuro attraverso la fantascienza, spaziando tra mondi ed identità metamorfiche di autrici come Ursula Le Guin, Joanna Russ e Nicola Griffith.

Ci siamo soffermate sul presente rappresentato da scrittrici come Gabriella Kuruvilla, Elvira Mujčić, Uta Treder, ospiti della scuola, che nei loro romanzi offrono spaccati dello stratificato e complicato scenario contemporaneo, tra lingue ed identità, appartenenze ed affettività, scontri e conflitti.

A lungo ci siamo occupate di relazioni d’amore, nel contesto dell’urgenza sociale odierna: la violenza maschilista spesso assassina. La necessità di ripensare in modo politico l’amore, di valorizzare le relazioni non di coppia, di porre al centro i diritti individuali e non quelli matrimoniali o familiari, è stata centrale nel nostro ripensamento utopico dell’affetto.

Dalla fisica abbiamo mutuato la figurazione della diffrazione: deviazione della traiettoria delle onde creata da un ostacolo, che scompone le figure originali senza possibilità di ricomposizione. La diffrazione è utilizzabile come dispositivo per fare utopia, per fare una differenza nel mondo invece di riprodurre il medesimo, per cercare un modo di stare al mondo che cambia il mondo.

A tal fine è importante la figurazione della guerriera, teorizzata da Angela Putino, che apre conflitti nel presente, qui ed ora, individuando le coordinate per un mondo altro, composto da frammenti di inaddomesticato, di vita resistente ed impermeabile al dominio. Le guerriere esprimono una forza che impatta sul reale, partendo da sé agiscono conflitti in maniera radicale, provocando trasformazioni. Questa è l’utopia che, finita la scuola mi porto a casa come oggetto prezioso, non da archiviare, ma da agire quotidianamente: l’utopia guerriera.