16 traccia presentazione convegni sul liberismo

TRACCIA

Da anni, a livello individuale, al Giardino dei Ciliegi e in altri luoghi, abbiamo cercato di riflettere sulle trasformazioni della società, sui diritti, su forme della precarietà, con il dilagare del liberismo, ed ora riteniamo utile un momento di confronto.
Questo sarà dunque un convegno per riflettere sul liberismo come ordine normativo della ragione che negli ultimi trent’anni ha invaso con la propria razionalità di governo ogni ambito della vita umana, dalle istituzioni alle persone fino alle rivendicazioni di diritti formali e allo sfruttamento di componenti biologiche vitali. Siamo compress* all’interno di organizzazioni sociali della vita e dentro regimi biopolitici che tendono a stabilire che le nostre vite servono solo come “usa e getta”, perciò irrilevanti.
Intervistata da Federica Castelli, Judith Butler si chiede se il femminismo possieda gli strumenti concettuali necessari a comprendere cosa sta accadendo storicamente in Europa e nell’Europa mediterranea per via della globalizzazione e se abbiamo un lessico per descrivere i processi connotati da termini come “austerità”, “neoliberismo”, “privatizzazione”, o “tardo capitalismo”. Come si può intervenire, come interrompere questa politica, in modo da ri-articolarne il senso in costellazioni più promettenti?
Anche per noi del Giardino è tempo di chiedere nuovamente a che punto sia l’analisi femminista e di rivedere le nostre domande condividendo “dissenso, trasgressioni, rimedi, e forme di resistenza” agli abusi del capitalismo.
Essere femminist* insieme è più che mai necessario, con questa pervasiva distribuzione dell’insicurezza nel tempo scardinato della globalizzazione. Ma chiediamoci pure di quale femminismo parliamo, se su tanti argomenti siamo divis* e in conflitto. Ci rivolgiamo a persone che sentiamo affini nella condivisione di un contro-discorso al neoliberismo e nell’analisi di come si aggrovigliano i sistemi di dominio e come decimano la vita.
Forti di una tradizione di solidarietà ci chiediamo quale affetto sostenga il femminismo (Berlant). Quali radici emozionali sostengano ancora la nostra visione materializzando concetti ideologici e il nostro sapere corporeo (Gibson-Graham). Come produrre affetti non dicotomici ma intersezionali. Possiamo definire posizione libidinale una visione etica e l’attaccamento al politico? I nostri condivisi investimenti nel comune e nel collettivo assumono volta a volta la parvenza di una fantasia o di un impegno, sempre delusi e sempre rinnovati — forse animati dal desiderio stesso di una non-sovranità buona che ha perso la necessità di controllare, nutrita di una buona dipendenza da altre persone unite nella possibilità di trasformazione collettiva, e dell’aspirazione a un presente vivibile mentre affrontiamo la perdita insopportabile della buona vita.
Il vivere richiede attaccamenti affettivi; l’appartenenza nutre (Berlant). Siamo soggetti radicalmente relazionali: soggetti incarnati basati sulla relazione con l’altro, in relazione di dipendenza individuale e ambientale oltre la divisione soggetto/oggetto. Curare questa consapevolezza di vulnerabilità condivisa può far emergere comunità non violente e sostenibili, nuove collettività anti egemoniche e anti assimilazioniste.
La flessibilità del liberismo produce forme variabili di oppressione di genere, mentre dimostra grande capacità sia di accomodare le rivendicazioni di diritti formali (dal diritto di voto ai matrimoni gay) sia di cooptare certi discorsi femministi o lgbqt. Questo ci porta a interrogarci se il femminismo non sia in parte diventato un alleato (inconsapevole?) del biocapitalismo cognitivo-relazionale, cioè dei dispositivi organizzativi nella vita-lavoro imposti dai nuovi paradigmi di accumulazione, dimenticando che il lavoro include implicitamente tutte quelle componenti biologiche vitali che costituiscono la struttura della vita: dallo sperma, ai tessuti, agli ovuli, al sangue ecc…
L’esistenza di comunità autonome e resistenti sparse per il globo e radicate nelle pratiche di autodeterminazione delle donne, nelle comunità queer, trans, gay e lesbiche, permette di rintracciare nuovi profili possibili della prassi politica odierna per una diversa comprensione del mondo e consapevolezza di sé?
Vogliamo capire come elaborazioni e esperienze politiche di questa impronta reagiscono alla invasività liberista – fra inequità e seduttività — e se producono immaginari alternativi e pratiche di cambiamento.
Quali esperienze critiche si prospettano con nuovi e differenti strumenti teorico-pratici di comprensione della realtà e di resistenza? Quali altri modi di fare politica contro il liberismo?

Le giornate si apriranno con alcuni oggetti–simbolo del liberismo: abbiamo lavorato per un workshop sugli oggetti nel 2011 in occasione del Convegno SIL di Genova, ed ora torniamo a indagare sulle reti di potere che nell’oggi li costituiscono, sugli usi ed abusi.