01 Zampiga performance

Performance

MANOSCRITTURA 31-08-01

Proprio per la settimana del laboratorio raccontar(si) ho preparato una azione, di movimento e parola, che voleva essere il mio contributo agli studi sul tema della giornata, il corpo. Spiego alcune mie scelte.
1
parole e movimento
ho sentito il bisogno di esprimermi attraverso parole e movimento per agire anche nel momento preciso della mia  comunicazione con le partecipanti uno scambio tra due mondi e mettermi in contatto con alcune loro forme di transizione. In questo caso, seguire il gesto fisico e quello della parola mentre si muovono, si ascoltano e talvolta si incontrano su rotaie di senso più o meno definite.
Ho fatto questo anche per capire quali linguaggi possono fare da tramite nella ricerca di un discorso non logocentrico: perciò verificare quali parti di noi vogliamo mettere in relazione.
In questo caso ho desiderato che il corpo non fosse solo oggetto di discussione ma anche soggetto di azione. Il mio è stato un frammento, in un altro linguaggio, uno dei possibili racconti sul rapporto corpo e parola scritta. Mi sono raccontata con questa modalità, forse a me più consona, ma anche sperando di  sollecitare altre sperimentazioni.
2
manoscrittura
ho dato il titolo di manoscrittura non nel senso che mi sono concentrata sulla scrittura a mano né che ho fatto variazioni con le mani sulla scrittura : è vero che amo credere nel senso letterale, però non mi interessava il mimo. Ho scelto questo termine perché mi sembrava quello che più avvicinasse il corpo alla scrittura.

Già Marisa Bulgheroni, nel suo intervento a proposito della biografia di Emily Dickinson, aveva fatto notare che vivere, inteso come situare il corpo in uno spazio e in un tempo precisi, era una forma di scrittura. Allo stesso tempo ho voluto contattare quei percorsi in cui, in modo più evidente, il processo mentale sembra muoversi vicino al suo equivalente fisico, oppure quando la mano e la penna sulla pagina appaiono tutt’uno con emozioni e intenzioni.
3
new dance
Il tipo di danza che pratico si chiama new dance e ha origine negli anni settanta negli Stati Uniti e nel nord Europa. Amo questo tipo di danza e non altri per vari motivi. Innanzitutto non si preoccupa dal gesto esteriore se prima non accosta uno stato zero, il vuoto, rompere codici, non sapere dove andare esattamente, con il solo intento di sviluppare una relazione consapevole con il particolare momento in cui si colloca. Martha Graham aveva anticipato un tale orientamento, “The only thing we have is the now”,”l’unica cosa importante è il qui ed ora”(come ha tradotto Rosella Simonari).Il tipo di danza che studio ha sviluppato ulteriormente questo percorso.

In tale contesto il movimento può sembrare brutto o che non descriva altro che se stesso. Senz’altro non  si pone come rappresentazione, semmai come azione cosciente. Nasce da un ascolto del corpo, andando oltre modi consueti di percepirlo/interpretarlo e navigando tra alcuni suoi possibili paesaggi nello scenario mutevole di ogni singolo momento. In questo tipo di arte le danzatrici che lo hanno portato avanti (non famose come Martha Graham, ma importanti come Trisha Brown, Simon Forti, Katie Duck, Kirstie Simpson, Charlotte Zerbey, per citare alcune di loro) hanno fatto in modo che diversi tipo di corpi (ad esempio, per costituzione, età, ideologia, atteggiamento) fossero riconosciuti per la loro bellezza e qualità. Il motore di questa danza è sentire il peso, seguirela gravità, cadere, rotolare. Come si può immaginare, tutto questo ha permesso di esplorare forme di gestualità per molto tempo tenute fuori da ciò che era considerato “femminile”.
4
la performance
ho immaginato alcune microscene in rapporto alla scrittura, volutamente concrete e contraddittorie:
A
Guardo gli impulsi
Iniziare a scrivere è per me come trovarmi a una stazione ferrroviaria dove sono in transito vari impulsi: ognuno ha il suo tragitto, ognuno parte da luoghi dentro al sé e quindi dentro al contesto in cui il sé si forma. Ognuno ha la sua coerenza e va rispettato.
Amo la scrittura per la pluralità dei contesti in cui mi è indispensabile per capire dove mi colloco, come mi sento, la mia azione.
B
la bicicletta della penna
Il pensiero agisce attraverso un mezzo concreto, la penna. Con modestia questa sembra seguire itinerari prefissati. Infatti c’è una modalità un po’ necessaria di come la penna deve essere tenuta mentre si scrive e di come deve muoversi nella relazione con la pagina. Mi incuriosiva contattare questo aspetto apparentemente meccanico, un po’ buffo: in realtà la penna divaga spesso.
C
la pagina. mamma
La pagina, reale o virtuale, è protag
onista costante del dialogo della scrittura. In questo studio ho soprattutto contattato la sua magnanimità: la pagina è uno spazio accogliente che, per essere tale, sembra quasi sincronizzarsi con il costante lavorìo della mente per lasciarsi accostare dal segno giusto.La pagina, comunque, di suo non rifiuta niente.
D
pause efficienti
Nella scrittura tante parole affiorano grazie alla presenza costante di pause, che immagino siano simili a sospensioni, tunnel indispensabili. Spesso, come dice June Jordan, poeta contemporanea americana, dire la verità, che secondo lei equivale a raggiungere la bellezza, significa avvicinarsi sempre più precisamente a come ci si sente, a quello che si desidera.
Questo presuppone aspettare con pazienza che il lento scavo di conoscersi e conoscere materializzi i segni appropriati.
Al tempo stesso però mi veniva da criticare proprio lo stato di sospensione delle pause, il loro distacco/lusso, la loro efficienza nell’ignorare, apparentemente, il fluire un po’ concitato della vita dove tutto sembra che debba essere afferrato immediatamente.
E
geometria fluida
Scrivere è mettere in relazione: mi sembra di poter vedere il testo come un mobile che è tale solo perché i pezzi stanno assieme, per i perni efficaci scelti. La relazione, nella scrittura, può portare a salti e a distanza. Ciononostante non è possibile uscire da forme di dialogo: dialoghi tra singole parole, dialoghi tra parole e frasi,tra parti diverse del testo. Il filo del testo scelto può essere solo il suono, come invita a praticare Ursula le Guin, un’altra autrice americana che amo, in alcune lezioni su come scrivere storie. Lei vede nel suono della lingua il punto dove tutto comincia e verso cui tutto ritorna: tra gli esempi, ricorda naturalmente il lavoro di Gertrud Stein.
F
la prospettiva respira
nutrimento costante di 360°:io lo avverto in ogni segno di scrittura se riesco a respirarci dentro, sì, anche concretamente, darmi il tempo di inspirare ed espirare. Allora riesco a vedere ascoltare ricordare immaginare altre possibilità, date sia dai vari tempi che mi compongono sia dai luoghi che mi costituiscono, naturalmente sempre evocati dalle relazioni che mi hanno individuato.
G
riscritture come bretelle
Un paradosso: i movimenti della scrittura sono in avanti con le mani e la penna, ma lo sguardo è spesso all’ indietro. Audre Lorde, scrittrice afroamericana, ricordava che sono necessarie tante stesure, da lei definite come costellazioni, sino a quando ci si sente abbastanza vicine al punto specifico  spazio-temporale  da cui il testo che si vuole scrivere trae potere e vita.

Che cosa è naturale?

H
Il canto dentro all’inchiostro
Mi sono chiesta come fa una pagina a risuonare, a cantare appunto, ma non ho dato una risposta razionale, come, del resto, per le altre scene a cui mi sono accostata in questa performance. Mi piace la lezione di parole o immagini visionarie, cioè poetiche nel senso che accostano campi diversi, rompono barriere, attraversano zone sino ad allora murate, anche creando grandi spaesamenti.
Per questo motivo le parole poetiche possono definirsi rivoluzionarie, come sembra ricordarci Trinh Minh Ha in un suo saggio (When the Moon Waxes Red).

I
Curvettine
devio sempre, mi piace guardare da altri punto di vista. Quanti modi ci sono per raccontare/raccontarsi? il corpo in genere è raccontato ma se il corpo racconta e offre altre parole forse si può imparare a leggere anche il suo testo.
mi interessano parole e frasi
non solo di senso compiuto- che cosa è il senso compiuto?
mi dicono molto le parole sospese,  si guardano intorno, ascoltano tenendo aperte diverse porte, le sento democratiche.

Stefania Zampiga

ottobre 2001